Human Resources

Joinrs con Alberto, Head of Human Resources in CNH

Scritto da Il team di Joinrs | 6/11/2024

Chi è Joinrs?  

Joinrs è la job board potenziata dall'intelligenza artificiale, progettata per connettere candidati GenZ -studenti universitari e laureati con pochi anni di esperienza lavorativa- con le aziende più compatibili. Grazie alla nostra AI, supportiamo sia i job seeker che i recruiter nell'identificare le migliori opportunità, rendendo il processo di selezione più rapido ed efficiente e riducendo lo sforzo richiesto. Solo le candidature più allineate ai requisiti arrivano ai recruiter, garantendo qualità e precisione.

Oggi, più di 300 aziende ci hanno scelto per potenziare la loro talent attraction, beneficiando anche delle nostre attività mirate all'employer branding, il tutto all'interno della nostra community di quasi 1 milione di utenti. Se sei un’azienda e vuoi saperne di più, clicca qui.

 

  Raccontando il mondo HR  

Per conoscere il mondo Risorse Umane. Per chiacchierare e rubare qualche segreto del mestiere a professionisti che hanno da raccontare. Per lasciarvi ispirare. La raccolta di interviste di Joinrs a chi lavora in ambito HR nasce con questi tre obiettivi: ci auguriamo che nelle loro storie possiate trovare i consigli che cercate e la determinazione per iniziare (o proseguire) nella costruzione dei vostri più obiettivi professionali. Oggi è Alberto a condividerci il suo percorso e consigli!

 

 

1) Hai iniziato il tuo percorso come avvocato, poi hai deciso di passare al mondo delle risorse umane. Cosa ti ha spinto a fare questo cambio di carriera e quali sfide hai dovuto affrontare in questo passaggio?

A volte nella vita ci si trova di fronte a bivi di fronte ai quali dover prendere una decisione in tempi ristretti: il mio passaggio al mondo delle risorse umane avvenne proprio in una situazione del genere e del tutto casualmente. Lavoravo in uno studio legale in Sicilia e conoscevo ben poco delle aziende e del mondo HR: eppure, forse anche grazie a questa inconsapevolezza, di fronte all’opportunità di entrare nell’HR di una grande azienda, decisi di fare questo passo. Le ragioni? Oltre all’attrattività economica della proposta (chiaramente per un giovane neolaureato), il mondo HR mi attraeva per la sua caratteristica di unire i miei studi legali con la passione per le Persone e soprattutto per la possibilità di entrare ed essere parte della strategia di un’organizzazione. Le sfide furono diverse, ma le due fondamentali furono: quella delle competenze “tecniche” (partivo da zero e dovevo quindi imparare tutto da zero o quasi) e quella dell’ambiente di lavoro (venivo da uno studio legale ed ero abituato a lavorare con persone col mio stesso “linguaggio” – mi trovai invece in mezzo a ingegneri, operai, tecnici, manager).

 

2) Ti sei trasferito dalla Sicilia a Torino: quali sono state le difficoltà principali che hai affrontato arrivando in una nuova città? Quali consigli ti senti di dare a chi deve cambiare città o Paese per studio o lavoro?

Spesso dico che la mia prima settimana a Torino fu una delle peggiori della mia vita: venivo da Catania e dallo stile di vita da praticante avvocato e mi ritrovai nella provincia di Torino a lavorare in una grande azienda industriale. Conoscevo poco di tutto e tutto era così diverso dai miei ambienti di confort. Ammetto che fu un sacrificio e, in effetti, spostarsi per lavoro lo è quasi sempre: non hai certezze e punti di riferimento. Tuttavia, questo tempra e soprattutto stimola a mettersi in gioco, ad essere curioso e a superare le proprie sicurezze. Io avevo già passato una parte del mio periodo universitario a Bologna, ma sia per la città che per la vita da studente fu chiaramente un’esperienza diversa e molto più “accogliente”. Oggi vivo da 13 anni a Torino, ho la mia vita qua, i miei ambienti e punti di riferimento. Questo è stato possibile solo perché Torino è una città in linea con le mie esigenze. Ecco, forse è questa la chiave: bisogna sempre interrogarsi su quali siano le proprie esigenze e scegliere il proprio luogo (o i propri luoghi) in base a questo.

 

3) Secondo te, quali sono le sfide più grandi che i giovani affrontano oggi quando cercano lavoro? Cosa possono fare le aziende per supportarli al meglio?

La sfida che oggi i giovani hanno di fronte è quella della “varietà” del mondo del lavoro: siamo in un’epoca in cui esistono ambienti, contesti e schemi lavorativi molto diversi fra di loro. Dalle start-up alle grandi aziende industriali, passando per il lavoro nella P.A., nella grande distribuzione, nella libera professionale e l’elenco potrebbe continuare all’infinito. Ogni realtà poi ha un suo ambiente (fisico, relazionale, organizzativo). Capire quale sia quello più adatto alle proprie esigenze mi sembra che sia veramente la sfida di oggi. Bisogna quindi essere consapevoli e scegliere. Dal canto loro le aziende si trovano di fronte alla necessità di essere attrattive e, internamente, di dover gestire generazioni molto diverse tra di loro. Probabilmente scegliere una strada e dichiararla con trasparenza potrebbe essere utile per definire in maniera chiara il “patto” con i propri lavoratori, evitando false aspettative e confuse strategie di benefit per i dipendenti.

 

4) Quali politiche aziendali pensi siano fondamentali per sostenere il benessere dei dipendenti, soprattutto per permettere loto di conciliare al meglio vita privata e vita lavorativa?

Dal mio punto di vista le aziende oggi, per prima cosa, dovrebbe dedicarsi da un lato a trasmettere il “senso vero” del far parte di quell’azienda. Bisogna stimolare il senso di appartenenza, tramite il continuo investimento sulla passione della Persona per l’azienda, per il prodotto, per il team, per il servizio alla comunità. Se la Persona capisce il “senso” del suo lavoro e del far parte di quell’azienda, vive bene il suo lavoro e questo è un punto fondamentale. Inoltre, un fattore chiave è il tempo: ognuno di noi ha bisogno di dedicarsi al lavoro con interesse, ma ha anche bisogno di poter coltivare i propri interessi e vivere i propri affetti al di fuori del lavoro. L’azienda – grazie ad una corretta pianificazione – può garantire che le Persone abbiano una quantità sufficiente di tempo per sviluppare la propria Persona. Infine, le aziende fanno bene a mettere a disposizione un framework di benefici per i dipendenti che li aiuti a conciliare il proprio lavoro col resto della propria vita; il lavoro da remoto è sicuramente è un elemento importante da questo punto di vista, ma non l’unico.

 

5) Negli ultimi anni il lavoro da remoto è diventato sempre più comune; dal tuo punto di vista, quali sono i principali vantaggi e le sfide di questa modalità lavorativa?

Il lavoro da remoto sembra ormai una parte integrante del rapporto di lavoro in molte realtà organizzative. Ed è innegabile, è un chiaro beneficio per la conciliazione vita-lavoro. Tuttavia, il rischio – non banale – è quello della disgregazione organizzativa: ovvero il rischio che il lavoro da remoto ostacoli non solo la coesione dei team all’interno dell’azienda, ma l’integrazione e l’apprendimento dei neoassunti e, ovviamente, anche il senso di appartenenza ad un’azienda. Siamo naturalmente predisposti a vivere bene contesti lavorativi nei quali abbiamo la possibilità di sperimentare un clima di socialità positiva e confronto attivo. Perdere questo sarebbe un peccato ed è per questo che sono un sostenitore di un bilanciamento tra presenza in azienda e lavoro da remoto e, soprattutto, di una gestione aziendale di questo strumento volta a stimolare la coesione in azienda, limitando così il rischio di disgregazione.

 

 

 

Intervista a cura del team di Joinrs