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Joinrs con Andrea, Marketing Communication Specialist in Signify

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 Chi è Joinrs?  

Joinrs è la job board potenziata dall'intelligenza artificiale, progettata per connettere candidati GenZ -studenti universitari e laureati con pochi anni di esperienza lavorativa- con le aziende più compatibili. Grazie alla nostra AI, supportiamo sia i job seeker che i recruiter nell'identificare le migliori opportunità, rendendo il processo di selezione più rapido ed efficiente e riducendo lo sforzo richiesto. Solo le candidature più allineate ai requisiti arrivano ai recruiter, garantendo qualità e precisione.

Oggi, più di 300 aziende ci hanno scelto per potenziare la loro talent attraction, beneficiando anche delle nostre attività mirate all'employer branding, il tutto all'interno della nostra community di quasi 1 milione di utenti. Se sei un’azienda e vuoi saperne di più, clicca qui.

 

  Una conversazione con Joinrs  Sticker_Determinata

In Joinrs non ci limitiamo a far incontrare i candidati con le migliori opportunità di lavoro. Oltre a facilitare le connessioni, conduciamo interviste approfondite con professionisti provenienti da diversi contesti e settori. Attraverso queste conversazioni, forniamo preziose intuizioni e prospettive ai nostri utenti, arricchendo la loro conoscenza ed esperienza sulla nostra piattaforma. Unitevi a noi nell'esplorare la profondità e l'ampiezza delle competenze in vari settori per migliorare il vostro percorso di carriera.

 

"La flessibilità è il cuore del cambiamento: oggi le competenze non si limitano a un ruolo, ma si trasformano e si adattano, creando valore in modi inaspettati"
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Andrea Pierro

Marketing Communication Specialist

1) Nel tuo ruolo attuale come Marketing Communication Specialist in Signify come si combinano le competenze HR maturate nel corso della tua esperienza con quelle di marketing in questa posizione?

Questa domanda mi permette di parlare di un tema che considero essenziale: la flessibilità. Spesso pensiamo che il nostro percorso lavorativo debba essere lineare: porto a termine determinati studi, trovo lavoro in quel settore e in quella posizione, faccio carriera ecc. Oggi, però, le cose stanno cambiando. Sempre più spesso ci viene chiesto di adattarci, imparare dagli errori e affrontare nuove sfide, anche in ruoli molto diversi. Questo è quello che è successo a me.

Nel mio attuale ruolo di Marketing Communication Specialist, utilizzo alcune delle competenze che ho sviluppato quando lavoravo nelle risorse umane, come la capacità di capire i bisogni delle persone e il contesto in cui operano. Ad esempio, in HR cercavo di individuare il miglior candidato per un team, considerando non solo le competenze tecniche, ma anche le esigenze del manager e della cultura aziendale. Ora, nel marketing, quando devo comunicare un progetto, faccio un lavoro simile: studio il pubblico a cui mi rivolgo, il contesto e grazie a ciò fornisco efficacia alla comunicazione.

Questo approccio dimostra come le soft skill, come il problem solving, l’empatia e la comunicazione, siano fondamentali in qualsiasi ruolo. Le hard skill sono importanti, certo, ma oggi sapere adattarsi e imparare a lavorare in modo flessibile è ciò che davvero fa la differenza.

 

2) La tua tesi di laurea magistrale esplorava il tema del gap generazionale in azienda. Come hai applicato questi studi nel tuo lavoro? Hai riscontrato esempi concreti di questo fenomeno?

L'aumento dell’età media della forza lavoro in Italia lancia molte sfide alle aziende, in particolare ai responsabili delle risorse umane, in relazione all’occupazione, alla gestione dei lavoratori, alle condizioni di lavoro, al welfare e agli standard di vita degli stessi dipendenti. La conseguenza di questo aumento dell’età media comporta un maggiore gap generazionale in azienda dando vita così, per la prima volta, ad un insieme di lavoratori composto da quattro diverse generazioni: Baby Boomers, Generazione X, Generazione Y (Millennials), Generazione Z.

Ognuna di queste coorti si compone di un differente valore, etica e centralità che assegna al lavoro, ed, allo stesso tempo, ha anche dei tratti della personalità differenti. Dunque, è importante utilizzare diverse modalità/strumenti di comunicazione e leadership rispetto all’interlocutore. Per esempio, per quanto concerne i Baby Boomers e la Generazione X ho preferito per la maggior parte dei casi una comunicazione più formale, faccia a faccia e/o scritta tramite mezzi più tradizionali come l’email. Per quanto concerne invece le Generazioni Y e Z, ho preferito utilizzare una comunicazione più informale magari utilizzando anche strumenti differenti quali, per esempio, Teams o, in qualche caso, anche il più semplice WhatsApp. Detto questo, è importante non generalizzare: ogni persona è diversa e non si può pensare che tutti i Baby Boomers preferiscano un’email o che tutti i Gen Z vogliano messaggi veloci su WhatsApp. Serve osservare e capire chi si ha davanti.

 

3) Con l’avvento di strumenti digitali e di intelligenza artificiale nel recruiting, come pensi cambierà il lavoro dei professionisti HR nei prossimi anni?

Con l’avvento dell’intelligenza artificiale e dei nuovi strumenti digitali, credo che il lavoro in ambito recruiting sarà sempre più supportato da tecnologie in grado di automatizzare processi come lo screening dei CV o l’analisi dei dati. Questo permetterà ai recruiter di risparmiare tempo e concentrarsi su aspetti più strategici. Tuttavia, penso che alcuni elementi rimarranno insostituibili: ad esempio, la capacità di creare un rapporto empatico con il candidato, di leggere il linguaggio non verbale durante un colloquio e di valutare elementi come la motivazione o il fit culturale, che richiedono intuizione e sensibilità.

Un esempio pratico sono i software di AI già utilizzati per analizzare grandi quantità di candidature in poco tempo. Sono strumenti utili, ma senza l’intervento umano rischiano di trascurare dettagli importanti, come il potenziale di un candidato che magari non emerge da un CV perfetto. Per questo credo che la tecnologia sarà un alleato, ma non un sostituto, perché le persone rimangono al centro di un processo che ha come obiettivo costruire relazioni di valore.

 

4) Cosa significa per te “responsible innovation” applicata al mondo delle risorse umane? Come pensi che i professionisti HR possano contribuire a creare un ambiente di lavoro più responsabile?

A parer mio, “responsible innovation” applicata al mondo delle risorse umane significa sviluppare e implementare soluzioni che migliorino il benessere e la produttività dei lavoratori, mantenendo un equilibrio tra tecnologia, etica e centralità della persona. In un contesto in cui l’innovazione tecnologica avanza rapidamente, è fondamentale che i professionisti HR si impegnino a creare un ambiente di lavoro che sia inclusivo, equo e sostenibile, garantendo che le nuove tecnologie supportino le persone senza sostituirle o penalizzarle.

Un esempio concreto è l’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale nel recruiting: se da un lato possono velocizzare processi e ridurre bias inconsci, dall’altro è essenziale che vengano usati in modo trasparente e supervisionati da esseri umani per evitare discriminazioni o valutazioni esclusivamente quantitative. Inoltre, l’innovazione responsabile richiede che i professionisti HR promuovano una cultura aziendale che metta al centro il rispetto per la diversità e il benessere psico-fisico dei dipendenti.

I professionisti HR possono contribuire a creare un ambiente di lavoro più responsabile, ad esempio, investendo in programmi di formazione continua per favorire l’adattabilità dei lavoratori e implementando politiche di welfare che tengano conto delle esigenze delle diverse generazioni in azienda. L’innovazione non è solo tecnologica, ma anche sociale, e deve sempre essere guidata da valori etici e umani.

 

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Intervista a cura del Team di Joinrs