Passa al contenuto

Joinrs con Gabriele, Employer Branding Specialist in SDG Group

Sticker_Emozionata-1  Chi è Joinrs?  

Joinrs è la job board potenziata dall'intelligenza artificiale, progettata per connettere candidati GenZ -studenti universitari e laureati con pochi anni di esperienza lavorativa- con le aziende più compatibili. Grazie alla nostra AI, supportiamo sia i job seeker che i recruiter nell'identificare le migliori opportunità, rendendo il processo di selezione più rapido ed efficiente e riducendo lo sforzo richiesto. Solo le candidature più allineate ai requisiti arrivano ai recruiter, garantendo qualità e precisione.

Oggi, più di 300 aziende ci hanno scelto per potenziare la loro talent attraction, beneficiando anche delle nostre attività mirate all'employer branding, il tutto all'interno della nostra community di quasi 1 milione di utenti. Se sei un’azienda e vuoi saperne di più, clicca qui.

  Raccontando il mondo HR  Sticker_Determinata

Per conoscere il mondo Risorse Umane. Per chiacchierare e rubare qualche segreto del mestiere a professionisti che hanno da raccontare. Per lasciarvi ispirare. La raccolta di interviste di Joinrs a chi lavora in ambito HR nasce con questi tre obiettivi: ci auguriamo che nelle loro storie possiate trovare i consigli che cercate e la determinazione per iniziare (o proseguire) nella costruzione dei vostri obiettivi professionali. Oggi è Gabriele a condividerci il suo percorso e consigli!

"La creatività nel mondo HR non è un vezzo, è un linguaggio: serve per raccontare il lavoro in modo più umano, far emergere emozioni dove di solito ci sono solo processi"
Gabriele Masiello x Joinrs

Gabriele Masiello

Employer Branding Specialist

1)  In SDG Group ti occupi di valorizzare la cultura aziendale e l’esperienza delle persone: da dove parti quando costruisci una strategia di employer branding perché sia efficace?

Quando mi chiedono di cosa mi occupo, rispondo sempre sorridendo che “sono nel team HR, ma non assumo e non licenzio nessuno”.

Mi piace dirlo perché spiega perfettamente il senso del mio ruolo: mi occupo di tutto quello che c’è nel mezzo. Di come le persone vivono l’azienda, di come si raccontano e di come possiamo far percepire all’esterno quella stessa energia che si respira dentro SDG.

Ogni progetto parte da una cosa: ascoltare. Ascoltare le persone, i dati, i feedback, ma soprattutto le emozioni. Solo dopo arriva la creatività, quella parte in cui trasformi i numeri e le parole in esperienze capaci di far dire “io lì ci vorrei lavorare”.

Gli eventi sono il cuore pulsante di tutto questo. Le SDG Olympics, lo Snow Weekend o il Summer Weekend non sono semplici iniziative aziendali: sono momenti in cui tutte le sedi italiane si incontrano per condividere tempo, passioni e sorrisi. E a rendere tutto ancora più vivo c’è Jobalize, una piattaforma che usiamo all'interno di SDG: è lì che prendono forma tutti gli eventi SDG, dai grandi format nazionali agli aperitivi di team.

È una specie di “social network interno” dove chiunque può proporre un’idea, creare connessioni e dare vita a nuove esperienze. È così che la cultura aziendale smette di essere un concetto e diventa qualcosa di tangibile, costruita giorno dopo giorno dalle persone stesse.

 

2) SDG è un contesto altamente tecnologico e data-driven. Quanto è importante, secondo te, umanizzare il racconto di un’azienda tech?

Fondamentale. La tecnologia ci spinge avanti, ma sono le persone a darle direzione.

In SDG si lavora con dati, modelli e piattaforme, ma il valore vero nasce quando la tecnologia incontra la spontaneità di chi la usa. È per questo che nella nostra comunicazione puntiamo molto sulla parte People First: mostriamo volti, storie, momenti reali. I contenuti che funzionano meglio sui social non sono quelli perfetti, ma quelli autentici — perché le persone si riconoscono solo in ciò che è vero.

Per me umanizzare la tecnologia significa ricordare che anche l’algoritmo più sofisticato nasce per risolvere un problema umano. Lo storytelling serve a emozionare, lo storyselling a coinvolgere — e quando riesci a far convivere entrambi, comunichi davvero.

 

3) Guardando al mercato del lavoro, quali trend stai osservando nel modo in cui le nuove generazioni scelgono le aziende?

 Il World Economic Forum lo ripete spesso: le soft skills — empatia, collaborazione, pensiero critico — sono le competenze più richieste nel mondo del lavoro.

E lo vedo ogni giorno: le nuove generazioni vogliono crescere in ambienti che le aiutino a sviluppare proprio queste qualità, non solo le competenze tecniche. Cercano luoghi sani, dove si possa imparare, confrontarsi e costruire un percorso vero, non solo un curriculum. In SDG la meritocrazia è un valore concreto: chi ha voglia di mettersi in gioco trova sempre spazio per crescere.

E allo stesso tempo, il clima umano è uno di quelli che fanno la differenza — qui la seniority non crea barriere, e sentirsi accolti è la norma, non l’eccezione.

Se posso dare un consiglio a chi sta cercando lavoro, direi questo: guardate se l’azienda investe davvero nelle persone. Un buon indicatore? Verificate se c’è qualcuno che si occupa solo di employer branding. Non chi lo fa “a tempo perso” tra un colloquio e l’altro, ma chi lo fa per mestiere. Non sono tante le realtà che hanno figure dedicate a questo, ma quando le trovate, avete già capito molto di quella cultura aziendale — perché significa che lì, le persone non sono un processo, ma una priorità.

 

4) Se dovessi dare un consiglio a chi vuole unire creatività e HR, quale sarebbe?

Non avere paura dei percorsi non lineari. Io ho studiato Cinema e Comunicazione Multimediale, una scuola conosciuta più per la sua creatività che per la sua disciplina.

Ho iniziato come producer pubblicitario, poi ho capito che la mia vera passione era unire due mondi: far star bene le persone e comunicare in modo nuovo. Non ho una laurea, e non è stato facile, ma credo che le strade più sincere non siano sempre quelle più dritte.

La creatività nel mondo HR non è un vezzo, è un linguaggio. Serve per raccontare il lavoro in modo più umano, per far emergere emozioni dove di solito ci sono solo processi. E alla fine, credo che la differenza tra chi comunica un’azienda e chi la fa vivere stia tutta lì: nella capacità di ascoltare e creare qualcosa che resti.  

 

Sticker_Sognante

Intervista a cura del Team di Joinrs