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Joinrs con Ilenia, Talent Acquisition Partner in HelloFresh

Sticker_Emozionata-1  Chi è Joinrs?  

Joinrs è la job board potenziata dall'intelligenza artificiale, progettata per connettere candidati GenZ -studenti universitari e laureati con pochi anni di esperienza lavorativa- con le aziende più compatibili. Grazie alla nostra AI, supportiamo sia i job seeker che i recruiter nell'identificare le migliori opportunità, rendendo il processo di selezione più rapido ed efficiente e riducendo lo sforzo richiesto. Solo le candidature più allineate ai requisiti arrivano ai recruiter, garantendo qualità e precisione.

Oggi, più di 300 aziende ci hanno scelto per potenziare la loro talent attraction, beneficiando anche delle nostre attività mirate all'employer branding, il tutto all'interno della nostra community di quasi 1 milione di utenti. Se sei un’azienda e vuoi saperne di più, clicca qui.

  Raccontando il mondo HR  Sticker_Determinata

Per conoscere il mondo Risorse Umane. Per chiacchierare e rubare qualche segreto del mestiere a professionisti che hanno da raccontare. Per lasciarvi ispirare. La raccolta di interviste di Joinrs a chi lavora in ambito HR nasce con questi tre obiettivi: ci auguriamo che nelle loro storie possiate trovare i consigli che cercate e la determinazione per iniziare (o proseguire) nella costruzione dei vostri obiettivi professionali. Oggi è Ilenia a condividerci il suo percorso e consigli!

"Passare dal mercato del lavoro italiano a quello tedesco è stato una svolta: lavorare con KPI e OKR mi ha dato chiarezza sugli obiettivi e sull’impatto del mio lavoro, mentre all'estero ho scoperto quanto l’HR possa essere un partner strategico, coinvolto nelle decisioni aziendali"
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Ilenia Sannicolò Papadopoli

Talent Acquisition Partner

1) Quali sono state le sfide più grandi nel passaggio dal mercato del lavoro italiano a quello tedesco?

Una delle sfide più grandi nel passaggio dal mercato del lavoro italiano a quello tedesco è stata, senza dubbio, iniziare a lavorare in modo strutturato con KPI (Key Performance Indicators) e OKR (Objectives and Key Results). È stata una svolta, perché finalmente avevo strumenti concreti non solo per organizzare il mio lavoro, ma anche per avere una visione chiara di dove stavo andando e di cosa stavo contribuendo.

Questa transizione non è stata semplice. Lavorare con KPI e OKR significa mettere nero su bianco gli obiettivi, stabilire un metodo preciso e, soprattutto, misurare le proprie performance in modo trasparente e continuo. Non basta “lavorare tanto”, bisogna saper dimostrare l’impatto che si sta generando. Questo approccio richiede una struttura mentale solida, capacità analitiche e chiarezza nei processi.

In Italia, nonostante facessi parte di una multinazionale affermata, la mia esperienza è stata molto meno strutturata. Il lavoro era spesso guidato dall’urgenza, più che da una pianificazione strategica. Ammetto con sincerità che all’inizio è stato difficile adattarmi: mi sentivo sotto pressione e messa alla prova ogni giorno. Ma col tempo, quegli obiettivi chiari mi hanno aiutata a focalizzarmi meglio, a lavorare con maggiore efficacia e a capire davvero dove potevo fare la differenza

 

2) Lavorare all’estero ha cambiato la tua visione del mondo delle risorse umane rispetto al periodo in cui lavoravi in Italia? In che modo?

Lavorare all’estero ha cambiato profondamente il mio modo di vedere il mondo delle risorse umane. In Italia, la funzione HR viene spesso percepita come di “di supporto”, talvolta un po’ distante dal cuore operativo del business. All’estero, invece – e in particolare nel mio attuale ruolo come talent partner – ho scoperto quanto possiamo essere veri e propri partner strategici, coinvolti nei processi decisionali sin dall’inizio.

Nel mio lavoro sono in contatto quotidiano con gli Hiring Manager dei diversi dipartimenti, dal marketing alle operations, fino al people team. Collaboro con team lead, manager e figure C-level, e questo mi permette di avere una visione trasversale dell’organizzazione e un impatto diretto sulle scelte di crescita aziendale.

Non si tratta solo di selezionare candidati, ma di costruire insieme alle persone chiave dell’azienda dei team solidi, in linea con la cultura interna e con gli obiettivi strategici. E tutto questo avviene in un contesto molto più orientato ai dati, alla trasparenza e alla misurabilità dei risultati. È un modo di lavorare che mi ha aiutata a crescere non solo professionalmente, ma anche nel modo in cui affronto le sfide e contribuisco attivamente al cambiamento.

 

3) Attualmente sei Senior Consultant presso IPN, una rete per professionisti italiani all’estero. Qual è il valore dell’essere parte di una community come questa?

Fare parte di questa community sin dalla sua nascita è stato un vero privilegio. Ho visto un’idea prendere vita, crescere e diventare un punto di riferimento concreto per tanti professionisti italiani all’estero.

Esserne parte significa avere accesso a un network ricchissimo, fatto di persone che lavorano in settori molto diversi, ma con lo stesso desiderio di creare connessioni significative. Nel mio caso, ho avuto la possibilità di confrontarmi con tantissimi professionisti HR, condividere esperienze, buone pratiche e, in fase di definizione ci sono delle collaborazioni professionali.

Uno degli aspetti più belli sono sicuramente gli eventi: occasioni pensate per valorizzare le competenze degli italiani all’estero, dare visibilità a storie di successo, e mettere insieme mondi diversi che altrimenti non si sarebbero incontrati. IPN è un palcoscenico, ma anche un laboratorio dove possono nascere idee imprenditoriali, nuove carriere, progetti comuni.

Come expat, sentivo spesso la mancanza di un collante culturale e professionale, qualcosa che potesse unire il senso di appartenenza con il desiderio di costruire nel nuovo Paese. IPN è esattamente questo: una rete che connette, ispira e crea opportunità



4) Quali competenze sono oggi maggiormente richieste in un contesto lavorativo internazionale per i giovani professionisti?

In un contesto lavorativo internazionale, soprattutto per i giovani professionisti, ci sono alcune competenze che fanno davvero la differenza. La comunicazione ha un ruolo chiave. Ma non si tratta solo di saper parlare bene: conta la capacità di strutturare il messaggio, adattarlo a seconda dell’interlocutore, essere logici e chiari nel pensiero. Questa competenza porta lontano, perché permette di affrontare con efficacia sia un colloquio che una riunione con il top management. Naturalmente la sostanza deve esserci, ma la forma in cui viene comunicata può cambiare le carte in tavola.

Un’altra skill sempre più richiesta è l’essere data-driven. In Germania, per esempio, è fondamentale saper misurare i risultati, non basta dire “secondo me ha funzionato”. Bisogna poterlo dimostrare, con dati quantitativi o, se il progetto lo richiede, con evidenze qualitative. L’impatto deve essere chiaro, concreto, tracciabile.

Aggiungo poi una competenza chiave trasversale a tutti i ruoli: il project management. Questo significa saper dare priorità, agire in tempi rapidi, tenere insieme più task senza perdere la visione d’insieme. Non si tratta solo di gestione del tempo, ma di saper guidare e portare a termine iniziative complesse.

Infine, c’è una competenza che considero profondamente “nostra” (italiana): la creatività. È qualcosa che ci accompagna fin da piccoli, grazie al contesto in cui cresciamo. Siamo abituati a trovare soluzioni alternative, a muoverci anche quando tutto sembra bloccato, a pensare fuori dagli schemi. In un ambiente internazionale, questa capacità può diventare un vero vantaggio competitivo

 

5) Hai consigli pratici per chi è alla ricerca di opportunità di lavoro all’estero?

Da Recruiter da ormai sette anni, di cui cinque in Germania, mi capita spesso di dare consigli a candidati, amici e conoscenti che cercano lavoro all’estero. Alcuni suggerimenti sono validi ovunque, ma diventano fondamentali in un contesto internazionale.

Uno dei punti chiave è avere struttura durante i colloqui: spesso fa il 50% del successo. Utilizzare metodi come lo STAR (Situation, Task, Action, Result) aiuta non solo a prepararsi meglio, ma anche a raccontare le proprie competenze in modo chiaro e credibile. Dimostrare coerenza tra ciò che si dice e ciò che si è fatto è fondamentale.

Oggi molte persone usano strumenti di AI per rispondere alle job application o durante i colloqui, ma fidati: l’autenticità viene fuori, sempre. Sia nel processo di candidatura che durante il colloquio, essere autentici paga. I recruiter e i manager si ricordano di chi comunica con personalità, perché oltre alle competenze si cerca anche un cultural fit.

Un’altra domanda che mi viene fatta spesso è: “Come farsi notare in un mercato saturo?”. In questo momento ci sono meno posizioni e centinaia (a volte migliaia) di candidature per ogni annuncio. In questi casi, il network fa la differenza. Anche community come IPN – Italian Professional Network possono essere strumenti preziosi: ti permettono di ottenere referenze, suggerimenti, accessi privilegiati o semplicemente pareri utili da chi lavora già in azienda.

Il messaggio è: non puntare solo sulle application online. Costruisci relazioni e cura la tua comunicazione, è lì che spesso si gioca la vera opportunità.

 

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Intervista a cura del Team di Joinrs