Joinrs è la job board potenziata dall'intelligenza artificiale, progettata per connettere candidati GenZ -studenti universitari e laureati con pochi anni di esperienza lavorativa- con le aziende più compatibili. Grazie alla nostra AI, supportiamo sia i job seeker che i recruiter nell'identificare le migliori opportunità, rendendo il processo di selezione più rapido ed efficiente e riducendo lo sforzo richiesto. Solo le candidature più allineate ai requisiti arrivano ai recruiter, garantendo qualità e precisione.
Oggi, più di 300 aziende ci hanno scelto per potenziare la loro talent attraction, beneficiando anche delle nostre attività mirate all'employer branding, il tutto all'interno della nostra community di quasi 1 milione di utenti. Se sei un’azienda e vuoi saperne di più, clicca qui.
Per conoscere il mondo Risorse Umane. Per chiacchierare e rubare qualche segreto del mestiere a professionisti che hanno da raccontare. Per lasciarvi ispirare. La raccolta di interviste di Joinrs a chi lavora in ambito HR nasce con questi tre obiettivi: ci auguriamo che nelle loro storie possiate trovare i consigli che cercate e la determinazione per iniziare (o proseguire) nella costruzione dei vostri obiettivi professionali. Oggi è Eros a condividerci il suo percorso e consigli!
La formazione umanistica è stata una base preziosa. Studiare grammatica, sintassi, letteratura e storia mi ha insegnato a osservare con profondità, a cogliere le sfumature nei comportamenti e nei linguaggi, e soprattutto a chiedermi sempre il ‘perché’ e a ricostruire il contesto. Aggiungo che l’attenzione maniacale ai dettagli è un’eredità di anni e anni di analisi, dubbi metodici, indagini contrastive talvolta anche su un singolo lemma.
L’empatia, nel mio lavoro, non è solo una soft skill: è uno strumento strategico per comprendere le motivazioni, i bisogni e le potenzialità delle persone. Spesso ricordo ai miei committenti (gli Hiring Manager) che io sono semplicemente un maieuta, che di domanda in domanda aiuta a scandagliare ogni esperienza o esigenza discussa.
Una delle sliding doors più importanti è stata la scelta di emigrare, un po’ all’avventura, in Polonia. Ho iniziato come assistenza informatica per gli uffici tedeschi, svizzeri, austriaci e italiani di una nota multinazionale. E da lì, nel giro di pochi mesi, fui contattato dall’azienda per cui ancora lavoro, in cerca di madrelingua italiani per supportare delle campagne di assunzione di una grandissima catena di negozi, al debutto in Italia. E il resto è storia...
Parlare così tanto con le persone mi ha permesso di conoscere l’azienda “dal basso”, capendo cosa cercano davvero le persone e cosa serve per attrarle. Aver preso quella corsa di metro mi ha dato la possibilità di lavorare in contesti internazionali e dinamici, dove ho potuto sperimentare approcci diversi e crescere rapidamente.
Il passaggio verso ruoli più strategici è stato possibile grazie a manager che hanno creduto in me e mi hanno dato spazio e feedback sinceri.
Il recruiting è orientato alla selezione: è un processo che mira a trovare la persona giusta per un ruolo specifico, quando va bene si ha anche spazio per lavorare alle cosiddette pipeline future.
L’employer branding e talent marketing, invece, comportano un approccio più ampio e proattivo: si tratta di costruire una narrazione autentica dell’azienda, creare engagement e attrarre talenti anche quando non c’è una posizione aperta. E ovviamente di studio e ottimizzazione dei canali possibili per raggiungere nella maniera più efficace e sostenibile l’audience di riferimento. È un lavoro di branding, storytelling e relazione continua con il mercato del lavoro.
Nei miei primi anni di esperienza, il mio manager di allora mi ha redarguito molto spesso per l’ingenuità con cui gestivo le consegne e la condivisione di certi documenti o processi. Col tempo il suo lavoro si è trasformato in una mia maggiore consapevolezza e attenzione al destinatario della mia comunicazione.
Questa è una domanda che mi mette in difficoltà, lo confesso. Anche io vorrei lasciare il talent acquisition, ma faccio molta fatica a rimanere motivato e focalizzato sui miei obiettivi. Purtroppo non viviamo tempi molto felici, e ne risente il dinamismo del mercato del lavoro. Direi che il cambiamento fa paura, ma è anche il motore della crescita. Nessun percorso è veramente lineare, e spesso le competenze che abbiamo sono più trasferibili di quanto pensiamo. Se sentiamo il desiderio di cambiare, dovremmo ascoltarci ed essere trasparenti con i nostri manager.
Anche un piccolo passo può aprire strade inaspettate.
Intervista a cura del Team di Joinrs