Joinrs è la job board potenziata dall'intelligenza artificiale, progettata per connettere candidati GenZ -studenti universitari e laureati con pochi anni di esperienza lavorativa- con le aziende più compatibili. Grazie alla nostra AI, supportiamo sia i job seeker che i recruiter nell'identificare le migliori opportunità, rendendo il processo di selezione più rapido ed efficiente e riducendo lo sforzo richiesto. Solo le candidature più allineate ai requisiti arrivano ai recruiter, garantendo qualità e precisione.
Oggi, più di 300 aziende ci hanno scelto per potenziare la loro talent attraction, beneficiando anche delle nostre attività mirate all'employer branding, il tutto all'interno della nostra community di quasi 1 milione di utenti. Se sei un’azienda e vuoi saperne di più, clicca qui.
Per conoscere il mondo Risorse Umane. Per chiacchierare e rubare qualche segreto del mestiere a professionisti che hanno da raccontare. Per lasciarvi ispirare. La raccolta di interviste di Joinrs a chi lavora in ambito HR nasce con questi tre obiettivi: ci auguriamo che nelle loro storie possiate trovare i consigli che cercate e la determinazione per iniziare (o proseguire) nella costruzione dei vostri più obiettivi professionali. Oggi è Mattia a condividerci il suo percorso e consigli!
Le esperienze internazionali, a cui ho avuto la fortuna di aver avuto accesso sia durante il mio percorso di studio che lavorativo, sono state fondamentali per la mia crescita professionale e non solo. Aver la possibilità di confrontarsi con culture, modalità e stili di vita molto differenti tra di loro mi ha permesso di sviluppare una capacità di adattamento al contesto e un’apertura mentale difficilmente acquisibili rimanendo nello stesso ambiente.
Inoltre, la componente umana e relazionale non è di secondaria importanza in un’ottica di crescita, sia personale che professionale. Le cosiddette soft skills (che poi tanto “soft” non sono) con l’aumento della complessità sono diventate imprescindibili dalle competenze più tecniche relative alla verticalità del proprio lavoro e credo che siano catalizzatori di una crescita, soprattutto a livello manageriale, proprio perché aumentano la capacità di apertura verso il punto di vista degli altri interlocutori, facilitando la collaborazione e il raggiungimento quindi del risultato, in qualsiasi processo.
Ci tengo inoltre a sottolineare il valore aggiunto della creazione di un network di relazioni e conoscenze internazionale; ormai in ogni paese del mondo ho un amico/a con cui non vediamo l’ora di poterci riabbracciare!
I processi di Global Mobility vengono attivati dalle aziende per differenti obiettivi.
Primo tra tutti è quello di supportare un determinato mercato a cui manca una competenza / know-how specifico tramite il trasferimento di una figura allineata ai bisogni specifici di quel momento. Un’altra possibile motivazione può essere quella di portare la cultura e i valori aziendali in altri mercati, tramite appunto il trasferimento di risorse già allineate e con uno storico aziendale già consolidato.
Queste attività possono anche avere l’obiettivo di velocizzare percorsi di crescita di figure chiave che dall’headquarter possono ricoprire un ruolo con più responsabilità in una filiale commerciale.
I processi di Global Mobility hanno una complessità intrinseca derivante da due componenti distinte. Da una parte c’è un aspetto più amministrativo, che coinvolge quindi il mondo dei permessi di lavoro, dei documenti burocratici e dell’allineamento alle normative locali. La seconda componente è invece di carattere più gestionale, ossia l’organizzazione operativa del trasferimento e del successivo onboarding nel nuovo mercato, nel quale c’è anche una parte di inserimento personale/relazionale in un paese e team con background culturale e sociale diverso, che non deve essere trascurata ma accompagnata.
Inoltre, per noi professionisti in ambito risorse umane, sono sicuramente molto stimolanti e arricchenti, per due motivazioni principali:
I processi di change management sono ormai diventati centrali e parte integrante della vita di tutti i giorni delle organizzazioni. Ritengo che innanzitutto, per gestire con successo un processo di change management, sia fondamentale la fase preventiva di analisi, per avere un’esatta mappatura dei processi, delle attività e dell’organizzazione e per definire degli obiettivi chiari e misurabili.
Un elemento chiave è quindi proprio la fase di analisi e la successiva definizione degli obiettivi che si vogliono raggiungere, perché si implementeranno azioni a tal fine e si avrà la possibilità di valutarne l’impatto e l’esito soddisfacente o meno.
Una volta terminata la prima fase e definite le azioni/attività di dettaglio, l’altro elemento chiave nell’implementazione di un processo di change management è il coinvolgimento delle persone, “portarle a bordo”, responsabilizzarle e spiegare le logiche che hanno portato ad una determinata decisione.
Senza il coinvolgimento attivo delle persone che saranno poi direttamente impattate dalle attività di change management non penso si potranno vedere cambiamenti reali e impattanti.
Il mondo del Talent Acquisition negli ultimi anni 5 o 6 anni sta completamente cambiando. Ritengo che gli eventi macroeconomici, sociali e l’evoluzione tecnologica abbiano un forte impatto sul Talent Acquisition, specialmente se coinvolge i profili a cavallo tra i Millennials e la Generazione Z.
E’ fondamentale che le organizzazioni tengano sempre in mente che non è più l’azienda che sceglie il candidato, ma è necessario scegliersi vicendevolmente e che le leve utilizzate fino a pochi anni fa di carattere economico/di reward non hanno più presa.
Negli ultimi anni elementi quali il purpose, l’allineamento valoriale, l’indipendenza, la flessibilità, il senso di responsabilità, il senso di appartenenza e il clima aziendale sono diventati aspetti molto più rilevanti rispetto alla componente puramente economica.
Le organizzazioni che sono state in grado di focalizzare le energie, gli investimenti e di impostare una cultura aziendale basata sulla fiducia otterranno un ritorno economico notevole, in termini di attrazione dei talenti, di retention rate e di felicità dei propri dipendenti. I processi di Talent Acquisition si baseranno sempre di più sul coinvolgimento dei candidati per far percepire gli elementi/valori sopra citati, e la brand reputation farà il resto.
Nei prossimi anni vedo questa tendenza evolversi in questa direzione, nella quale le aziende che hanno già investito in quest’ottica continueranno in questo percorso di avvicinamento ai talenti, non solo utilizzando leve retributive ma continuando ad investire su politiche di well-being e flessibilità a 360 gradi, cambiando sempre più l’approccio valutativo dal controllo al risultato.
Sarà sempre più un vantaggio competitivo difficilmente recuperabile per i competitors.
Intervista a cura del Team di Joinrs