Human Resources

Joinrs con Valentina, Talent Acquisition & Employer Branding Manager in SGB Humangest Holding

Scritto da Il team di Joinrs | 31/1/2025

  Chi è Joinrs?  

Joinrs è la job board potenziata dall'intelligenza artificiale, progettata per connettere candidati GenZ -studenti universitari e laureati con pochi anni di esperienza lavorativa- con le aziende più compatibili. Grazie alla nostra AI, supportiamo sia i job seeker che i recruiter nell'identificare le migliori opportunità, rendendo il processo di selezione più rapido ed efficiente e riducendo lo sforzo richiesto. Solo le candidature più allineate ai requisiti arrivano ai recruiter, garantendo qualità e precisione.

Oggi, più di 300 aziende ci hanno scelto per potenziare la loro talent attraction, beneficiando anche delle nostre attività mirate all'employer branding, il tutto all'interno della nostra community di quasi 1 milione di utenti. Se sei un’azienda e vuoi saperne di più, clicca qui.

 

  Raccontando il mondo HR  

Per conoscere il mondo Risorse Umane. Per chiacchierare e rubare qualche segreto del mestiere a professionisti che hanno da raccontare. Per lasciarvi ispirare. La raccolta di interviste di Joinrs a chi lavora in ambito HR nasce con questi tre obiettivi: ci auguriamo che nelle loro storie possiate trovare i consigli che cercate e la determinazione per iniziare (o proseguire) nella costruzione dei vostri obiettivi professionali. Oggi è Valentina a condividerci il suo percorso e consigli!

 

1) Cosa rende una strategia di Employer Branding veramente efficace nel 2025? Hai qualche esempio di iniziativa che ha avuto particolare successo?

Nel mio lavoro si sente sempre parlare di strategie di Employer Branding ma spesso ci si concentra sulla definizione: “strategie con lo scopo di attrarre…acquisire…trattenere i migliori talenti in circolazione promuovendo in modo coerente e accattivante l’immagine della propria azienda”. Tutti termini d’effetto ed impatto che ti fanno dire “WOW” ma poi quando ci sei dentro ai progetti di Employer Branding non è così semplice.

Non c’è stata un’iniziativa vincente, quella perfetta che ha permesso di avere la fila di futuri colleghi fuori dall’azienda (magari!!!). La miglior strategia che ho sempre seguito negli anni è stata quella di essere trasparenti e veri nel racconto e capire, in base allo stato di salute dell’azienda in quel momento, se era il caso di potenziarla o tenerla “latente”.

Più siamo onesti raccontando chi siamo e cosa facciamo (realmente!!!) più avremo seguito e soprattutto la miglior strategia di Employer Branding nel 2025, per me, è fatta dai dipendenti dell’azienda. Più un lavoratore si sente bene, più ha fiducia nella sua azienda, più farà employer branding positivo e gratuito parlando bene della stessa ad amici, parenti e professionisti ed anche a coloro che magari hanno iniziato un iter selettivo con l’azienda e vogliono sapere se dar fiducia ed accettare la proposta. 

 

2) Quali politiche aziendali pensi siano indispensabili per favorire il work-life balance?

Le migliori politiche aziendali per favorire il work-life balance sono quelle in cui metti al centro il TUO dipendente. Le chiacchierate con ogni collega all’inizio dell’avventura in azienda, le survey di gruppo, le exit interview sono tutti strumenti che prediligo e che mi permettono di ascoltare le necessità, le richieste e anche di sentire eventuali campanelli d’allarme. Tutto ciò, però, deve sempre dar seguito ad iniziative e politiche che realmente rispondano alle domande, suggerimenti, idee e necessità del dipendente. Se non dai seguito, il dipendente perde fiducia e non ti seguirà più.

Quindi, un HR, con l’aiuto dei vertici dell’azienda e con gli strumenti di cui sopra, può comprendere le tipologie di lavoratori in azienda (Es: giovanissim* appena entrati nel mondo del lavoro, mamme e papà che si barcamenano nella difficile gestione di vita privata/vita professionale, professionist* che hanno bisogno di gestire situazioni familiari particolari…) e cercare di modulare iniziative ed agevolazioni che li aiutino a star bene mentre lavorano (smart working, orari flessibili, accesso a training program di reale impatto sulle loro competenze tecniche e non, agevolazioni per la gestione dei propri cari con esigenze particolari, sviluppo di una cultura inclusiva per potersi esprimere al meglio e sentirsi realmente bene…). 

Smettiamo di credere che le persone siano solo dei numeri e che debbano solo eseguire i compiti del ruolo che ricoprono…Per carità un “regolamento” deve esserci, se no non abbiamo una struttura organizzativa ordinata e non possiamo dar vita a politiche aziendali di successo ma la stessa organizzazione e le stesse politiche aziendali devono saper evolvere con le persone che la popolano e dobbiamo sapere che se ascoltiamo, valutiamo e discutiamo insieme un’organizzazione può solo crescere ed evolvere…come un organismo vivo.

 

3) In che modo la tecnologia, come ATS e analytics, ha trasformato il processo di selezione e la gestione dei talenti? 

ATS ed Analytics hanno permesso di tenere traccia di molteplici informazioni che altrimenti non riusciremmo a tenere a mente o ad elaborarle come vorremmo. L’ATS ti permette di tenere in considerazione professionisti (e talenti) che incontri quotidianamente e che, se proposti o inseriti nel contesto o nella posizione giusta, potranno fare la differenza nell’azienda oltre ad accrescere le loro conoscenze e competenze.

Le aziende sono fatte di persone e solo con le persone si possono fare grandi cose. Gli analytics sono, invece, secondo me le “rotte” che devi seguire; i dati che ti dicono se stai mantenendo la strada giusta o se stai uscendo di strada e che azioni devi mettere in campo per migliorare, risolvere e modificare ma anche capire se la variazione di percorso possa essere una via inesplorata che ti darà nuove opportunità. Queste tecnologie, a mio avviso, non devono sostituirsi all’HR ma supportarlo in un lavoro qualitativamente sempre migliore.

 

4) La pandemia ha accelerato il passaggio al lavoro ibrido e remoto. Come vedi il futuro della cultura aziendale in questo contesto?

Leggo ed assisto ogni giorno a discussioni su lavoro ibrido/remote working; c’è chi lo sostiene e chi lo demonizza. Io penso che non ci sia una strada giusta ed una sbagliata ma credo che la pandemia ci abbia permesso di capire che esistono modi alternativi di interpretare il modo di lavorare e di responsabilizzare un lavoratore e far evolvere in lui anche la volontà di rimanere attaccato alla sua azienda non solo per la mansione che fa ma anche per ciò che il suo ruolo potrebbe portare all’organizzazione stessa.

Una cultura aziendale moderna deve porsi domande su che tipo di relazione vuole avere con i suoi collaboratori e di cosa ha bisogno il suo dipendente: se lo smart lo agevola, fidelizza e responsabilizza deve tenerne conto e capire come implementarlo o rafforzarlo. Se si rende evidente, invece, che lo smart è uno strumento utile ma non strettamente necessario, è bene implementarlo relativamente (sì, sono di parte) per soddisfare le esigenze di tutti, andando però a potenziare altre politiche aziendali che vengono richieste più a gran voce, per poi, eventualmente, in futuro rivederlo e potenziarlo. 

 

Intervista a cura del Team di Joinrs