Joinrs con Camilla, HR Recruiter in Spherion
Chi è Joinrs?
Joinrs è la job board potenziata dall'intelligenza artificiale, progettata per connettere candidati GenZ -studenti universitari e laureati con pochi anni di esperienza lavorativa- con le aziende più compatibili. Grazie alla nostra AI, supportiamo sia i job seeker che i recruiter nell'identificare le migliori opportunità, rendendo il processo di selezione più rapido ed efficiente e riducendo lo sforzo richiesto. Solo le candidature più allineate ai requisiti arrivano ai recruiter, garantendo qualità e precisione.
Oggi, più di 300 aziende ci hanno scelto per potenziare la loro talent attraction, beneficiando anche delle nostre attività mirate all'employer branding, il tutto all'interno della nostra community di quasi 1 milione di utenti. Se sei un’azienda e vuoi saperne di più, clicca qui.
Raccontando il mondo HR 
Per conoscere il mondo Risorse Umane. Per chiacchierare e rubare qualche segreto del mestiere a professionisti che hanno da raccontare. Per lasciarvi ispirare. La raccolta di interviste di Joinrs a chi lavora in ambito HR nasce con questi tre obiettivi: ci auguriamo che nelle loro storie possiate trovare i consigli che cercate e la determinazione per iniziare (o proseguire) nella costruzione dei vostri obiettivi professionali. Oggi è Camilla a condividerci il suo percorso e consigli!
"Il mio percorso nelle risorse umane è nato dalla passione per il contatto umano e il desiderio di aiutare le persone a crescere. Lavorare come recruiter mi ha confermato che, più che assegnare ruoli, il nostro lavoro è mettere in connessione le persone giuste, generando valore reciproco e trasformando le vite"

Camilla Bizzotto
HR Recruiter
1) Hai un background davvero ricco e variegato, dalla gestione retail fino alla talent acquisition. Qual è stato il momento in cui hai capito che volevi lavorare nelle risorse umane?
Mi definisco una “people person”, ovvero una persona che trova energia e motivazione nel contatto con gli altri. Fin dai tempi dell’università, tutte le opportunità lavorative che ho intrapreso mi hanno portata a lavorare in team. Con il passare degli anni, sono cresciuta professionalmente passando dal ruolo di team member a quello di team leader, fino ad arrivare a gestire un intero punto vendita.
Grazie a quel percorso ho imparato moltissimo: sia quando dovevo confrontarmi con i miei manager, sia, e soprattutto, quando ho iniziato a essere io il punto di riferimento per gli altri. Ho scoperto che ciò che mi dava più soddisfazione era aiutare le persone a crescere, vederle migliorare, guidarle e celebrare insieme i loro successi. È stata proprio questa consapevolezza a farmi capire che avrei voluto incanalare la mia empatia, la mia attitudine all’ascolto e la mia passione per le relazioni umane in un lavoro che mettesse al centro le persone e il loro potenziale.
Attualmente lavoro negli Stati Uniti come Recruiter per Spherion Staffing & Recruiting, azienda parte del gruppo Randstad, una delle multinazionali più popolari nella gestione del personale. Mi sono trasferita qui nel 2022 e da allora ho intrapreso la mia carriera nell’ambito Talent Acquisition. La conferma che avevo scelto la strada giusta è arrivata quando ho fatto assumere il mio primo candidato.
Ricordo perfettamente l’entusiasmo nella sua voce e la sua gratitudine, ma soprattutto la gioia sincera che ho provato io nel vederlo felice. In quel momento ho capito che non stavo solo contribuendo al successo della mia azienda o aiutando un cliente a trovare la risorsa giusta, ma stavo anche, nel mio piccolo, cambiando la vita di una persona. E questo, per me, è il cuore del lavoro nel Talent Acquisition: essere parte di un percorso di crescita, mettere in connessione le persone giuste e contribuire a costruire qualcosa che abbia un impatto reale sulla vita e sul futuro di chi incontriamo.
2) Oggi sei recruiter in Spherion: quali sono le sfide principali che affronti nel tuo lavoro quotidiano?
Il mercato del lavoro americano è profondamente diverso rispetto da quello italiano: le opportunità sono numerose, quindi il turnover del personale è decisamente più alto. In Italia, è comune entrare in un’azienda e restarvi per molti anni, se non per tutta la carriera. Negli Stati Uniti, invece, cambiare lavoro più volte è considerato normale, se non addirittura auspicabile, fino a trovare la condizione ideale in termini di retribuzione, benefit e work-life balance.
Una delle sfide principali che affronto ogni giorno è proprio questa: riuscire a proporre ai candidati un’opportunità migliore rispetto all’impiego attuale o rispetto alle altre offerte sulla piazza. In un mercato altamente competitivo, dove ogni candidato può ricevere più proposte contemporaneamente, è fondamentale saper leggere tra le righe, ascoltare attivamente e costruire un rapporto di fiducia autentico. L’empatia è una delle qualità che più mi aiutano in questo: non si tratta solo di posizionare un candidato per chiudere la posizione richiesta, ma di comprendere davvero le motivazioni, le aspettative e i bisogni di chi ho davanti.
Anche quando non posso offrire una soluzione immediata, considero un successo aver creato una connessione significativa. In futuro potrebbero esserci nuove opportunità, ed è sempre una buona strategia lasciare una porta aperta. Mai come oggi, coltivare il Networking è un valore aggiunto per chi lavora nel mondo del recruiting, e non solo.
3) Secondo te, quali sono oggi le qualità fondamentali che un recruiter deve avere?
Il mondo del lavoro è in continua evoluzione. Oggi più che mai, le persone sono alla ricerca di un equilibrio reale tra vita privata e lavoro, e questo ha modificato profondamente anche il ruolo del recruiter. Se un tempo ci si “accontentava” di avere un impiego stabile e una retribuzione a fine mese, oggi i lavoratori sono più consapevoli delle proprie competenze e ambiscono a un’esperienza professionale che li valorizzi a 360 gradi.
Come recruiter, è fondamentale avere una visione chiara di questa trasformazione e saperla comunicare ai propri clienti, aiutandoli a definire offerte attrattive non solo dal punto di vista economico, ma anche in termini di benefit, flessibilità e cultura aziendale. Le grandi multinazionali, come Amazon, Microsoft, Meta o SpaceX, offrono opportunità di crescita e di retribuzione altamente competitive, ma spesso a discapito di un work-life balance trascurato, dove lo stress non è da poco.
In questi contesti, la retention può essere più complicata, e le persone non esitano a valutare nuove proposte che rispettino maggiormente il tempo libero del dipendente. Nelle piccole e medie imprese, invece, si tende a rimanere più a lungo, soprattutto se si riesce a costruire un ambiente in cui il benessere e la qualità della vita vengono valorizzati. In ogni caso, il recruiter deve essere in grado di leggere il contesto, adattare il proprio approccio e costruire un dialogo personalizzato in base al candidato che ha davanti.
La qualità che non deve mai mancare, torno a ribadire, è l’empatia: saper ascoltare, creare un legame autentico e trasmettere fiducia è essenziale per favorire un confronto sincero, in cui il candidato si senta libero di raccontarsi e condividere aspettative, obiettivi e anche eventuali insicurezze. Un recruiter empatico non si limita a collocare candidati, ma costruisce relazioni durature e significative, generando valore per entrambe le parti.
4) Secondo te, quali sono i principali cambiamenti che stanno rivoluzionando il mondo HR e la talent acquisition in questo momento?
Il mondo delle risorse umane e della talent acquisition sta vivendo una trasformazione profonda, spinta dall’innovazione tecnologica, da cambiamenti culturali e dalle nuove esigenze dei lavoratori. L’intelligenza artificiale e l’automazione stanno modificando radicalmente il modo in cui vengono gestiti i processi di selezione, rendendoli più veloci ed efficienti, ma anche più impersonali e complessi.
L’AI non è solo uno strumento che aiuta a perfezionare i CV: sempre più spesso è proprio l’intelligenza artificiale, attraverso gli ATS (Applicant Tracking System), a svolgere il primo screening delle candidature, analizzando i curriculum alla ricerca di parole chiave specifiche legate al ruolo in questione. Questo significa che chi cerca lavoro oggi deve adattarsi a un nuovo approccio: non è più possibile utilizzare lo stesso curriculum per più offerte, ma è necessario personalizzarlo ogni volta, includendo le parole chiave giuste per superare i filtri automatici ed arrivare finalmente al contatto umano.
Allo stesso tempo, anche il lavoro del recruiter diventa più complesso. Non basta più valutare un candidato in base al curriculum: bisogna saper distinguere ciò che è autentico da ciò che è stato creato o perfezionato dall’AI. Per esperienza personale, mi è capitato di trovarmi davanti a candidati che utilizzavano l’intelligenza artificiale in tempo reale per rispondere durante un colloquio. È proprio in questi momenti che torna al centro la sensibilità umana del recruiter, la capacità di leggere tra le righe, cogliere segnali non verbali e stabilire una connessione vera. In un mondo sempre più digitalizzato, l’empatia e l’intuito restano strumenti insostituibili.
Un consiglio in più
Mi sento di concludere il mio contributo su Joinrs con un consiglio rivolto a tutti i giovani che si stanno affacciando, o si affacceranno presto, al mondo del lavoro: Pensante in grande. Se avete la possibilità, fate le valigie, riempitele di ciò che vi ricorda casa, salutate le vostre famiglie e partite. Dopo gli studi, concedetevi un’esperienza lavorativa di almeno un’anno all’estero. Esplorate, imparate altre lingue, scoprite cosa c’è fuori dalla porta di casa, osservate come si vive in altri paesi, mettetevi a confronto con culture e abitudini diverse. Queste esperienze fanno crescere e soprattutto espandono i propri orizzonti, perché non ci sono limiti.
Più di dieci anni fa ho mollato tutto, università compresa, e sono atterrata a Londra, quando ancora bastava un passaporto e tanta voglia di mettersi in gioco. Mi sono rimboccata le maniche e ho imparato tanto. Che lavoro facevo? Come tanti altri connazionali, ho iniziato nel settore dell’hospitality. All’epoca si sentiva spesso dire: “se devo fare il lavapiatti a Londra, lo faccio in Italia!”. Ebbene no, sbagliato! L’amico d’infanzia criticato perché fa il lavapiatti a Londra, sta conoscendo nuove culture, assaggiando cibi diversi, esplorando posti nuovi, creando legami, imparando una nuova lingua (e credetemi, una lingua la si impara davvero solo vivendo tra chi la parla ogni giorno). Si sta arricchendo, crescendo come persona e diventando cittadino del mondo.
Per esperienza personale, ho imparato che all’estero ci sono molte opportunità di crescita basate sulla meritocrazia, che ti permettono di realizzarti, sognare e raggiungere obiettivi che non avresti mai immaginato.
(Per la cronaca: non vi preoccupate, comunque mi sono laureata!)
Intervista a cura del Team di Joinrs