Joinrs con Paolo, HR & Transformation Managing Director in Sia Partners
Chi è Joinrs?
Joinrs è la job board potenziata dall'intelligenza artificiale, progettata per connettere candidati GenZ -studenti universitari e laureati con pochi anni di esperienza lavorativa- con le aziende più compatibili. Grazie alla nostra AI, supportiamo sia i job seeker che i recruiter nell'identificare le migliori opportunità, rendendo il processo di selezione più rapido ed efficiente e riducendo lo sforzo richiesto. Solo le candidature più allineate ai requisiti arrivano ai recruiter, garantendo qualità e precisione.
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Per conoscere il mondo Risorse Umane. Per chiacchierare e rubare qualche segreto del mestiere a professionisti che hanno da raccontare. Per lasciarvi ispirare. La raccolta di interviste di Joinrs a chi lavora in ambito HR nasce con questi tre obiettivi: ci auguriamo che nelle loro storie possiate trovare i consigli che cercate e la determinazione per iniziare (o proseguire) nella costruzione dei vostri più obiettivi professionali. Oggi è Paolo a condividerci il suo percorso e consigli!
"Nel cuore dell'ipertrasformazione, il ruolo dell'HR è guidare il cambiamento senza perdere di vista l'essenziale: la persona come creatrice di valore e il purpose come motore di appartenenza e progresso"
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Paolo De Caro
Sia Partners
1) La tua formazione in psicologia e le competenze maturate in contesti diversi, come hanno influenzato il tuo approccio al mondo HR?
Il background accademico in psicologia del lavoro ha plasmato il mio punto di vista di partenza, così come gli stage e la scelta della tesi specialistica (nuove forme organizzative nell’era del 2.0). Esperienze e competenze maturate mi hanno fatto capire, fin dai primi lavori, che gli studi sono un’ottima base di partenza, una necessaria forma mentis, ma che avrei dovuto liberarmi di dogmi e certezze: il mondo del lavoro, e quello HR in particolare, è in continua trasformazione e in questi quindici anni è stato necessario aggiornarmi di continuo e trovare soluzioni semplici a problemi complessi in scenari reali.
Quel che è rimasto saldo nel mio approccio è considerare la persona al centro: l’essere umano aiuta l’azienda a creare valore e, viceversa, l’azienda aiuta la persona a crescere; per me l’azienda può essere veicolo di progresso umano oltreché economico. Un’altra mia influenza che si è evoluta ma non è cambiata: le opportunità HR più ricche da cogliere sono sul purpose, il senso di ciò che facciamo al lavoro: sono emersi approcci utili, come l’Agile, che consentono di rispondere meglio della tradizionale gerarchia ad aspetti organizzativi come pianificazione e allocazione di risorse; ma c’è ancora molto da fare su elementi più umani quali appartenenza, incentivazione, espressione di sé. Qui si aprono le sfide del futuro delle risorse umane e si può fare la differenza.
2) Nel tuo attuale ruolo, guidi la trasformazione delle organizzazioni anticipando l’ipertrasformazione della forza lavoro. Cosa significa concretamente e quali sono le sfide principali?
Da sempre le aziende attraversano cambiamenti. Oggi però sono continui, accelerati, e incrociano tra loro diverse innovazioni, tecnologie, modi di lavorare fino a pochi anni fa impensabili. Le sfide HR sono tutte tese a garantire una forza lavoro “a prova di futuro”. Prendiamo il tema oggi più caldo, l’intelligenza artificiale: non è solo tecnologia, è un cambio di paradigma su cui nessuna azienda potrà sottrarsi; ma non a qualsiasi costo e non senza sapere dove conduca: è cruciale comprendere gli impatti che IA avrà sui mestieri di oggi e di domani, i rischi e i benefici. E approntare misure di riqualificazione di un’ampia parte dell’attuale forza lavoro. Il rischio obsolescenza dei capitali umani è alto, ma il fatto che questa disruption risulti dirompente o distruttiva dipende da noi e da come ci muoviamo oggi.
Se ambiamo a fare dell’IA un vero collaboratore aziendale che può supportare non solo nelle routine personali ma nel ridisegnare processi inefficienti, ripensare servizi per i clienti, generare conoscenza nuova, allora dobbiamo affrontare i fenomeni alla base dell’attuale improduttività, decidere quale è il lavoro ad alto impatto e come si mettano le persone in condizioni di focalizzarsi su questo e abbandonare i compiti ripetitivi, a basso valore aggiunto, a scarso tocco umano. Questa è ipertrasformazione. E va guidata, non c’è una scia in cui stare. A questo si aggiunga il tema delle diverse generazioni al lavoro: non ci si può annoiare!
3) Come vedi il ruolo degli HR in questa fase di ipertrasformazione? Quali sono le competenze chiave che un HR deve avere?
Più che di competenze parlerei di mentalità: per affrontare l’ipertrasformazione HR deve essere credibile, offrendo soluzioni alternative agli attuali sistemi operativi basati su comando e controllo. Per lavorare bene in scenari sempre più incerti bisogna abbattere i silos, semplificare i processi, distribuire capacità e potere decisionale, incrementare la capacità di autogestione, dando voce a clienti interni ed esterni per coinvolgerli nell’esperienza della creazione di valore.
Per fare ciò tutti i ruoli HR, dal generalista allo specialista, devono insistere sull’elemento più pregiato al lavoro: quello umano. HR deve aiutare a sviluppare l’adattività a livello ecosistemico e non solo di individuo o di team o di organizzazione “conclusa”. Bisogna accedere e accendere il senso di ciò che come persone, gruppi e comunità lavoriamo: aspettative, motivazioni, ricompense, espressione di sé sono fattori economici abilitanti al pari di ruoli, processi, tecnologie.
A parità di bilanci, risulterà più forte l’azienda che trova il miglior equilibrio tra responsabilità e libertà dell’individuo. Senza dimenticare una sana componente di divertimento. La pista per il futuro del lavoro è ancora molto aperta, ma alcune pratiche chiave per l’HR del futuro per me sono: disegno organizzativo adattivo, coltivazione di comunità, educazione alla agilità emozionale e alla gestione della complessità.
4) In che modo le tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale e l’analisi dei dati stanno trasformando il settore HR? Come si può mantenere il fattore umano al centro?
Dati e IA possono aiutare HR a creare servizi in linea con le aspettative di lavoratori che nella vita di tutti i giorni fruiscono prodotti iper-personalizzati. Non sto ad elencare i processi HR che è possibile aumentare con IA, in giro c’è molta letteratura. Insisto sul purpose e come HR possa fornire una cassa di risonanza, trattando il lavoratore per il talento unico che è, anziché risorsa intercambiabile. Alcune idee per tenere la persona al centro mentre si diluiscono i confini tra vita e lavoro, tra umano e artificiale:
- Aprire il purpose aziendale: vanno create occasioni non solo per comunicare ma per dialogare sul purpose con i lavoratori: come potrai partecipare a questo scopo? come farlo evolvere? Un tipo di conversazione adulta, oggi rara, che responsabilizza e dà senso di appartenenza
- Integrare gli aspetti emozionali: se chiediamo di portare al lavoro dimensioni di autenticità, dobbiamo curare il tema psicologico come leva di produttività: saper riconoscere e gestire le emozioni proprie e altrui è parte integrante del fare business in una missione condivisa
- Oltre la formazione: offrire esperienze trasformative che diano opportunità alle persone di ristrutturare il mondo interiore e quindi l’agito. HR deve fare design di questo tipo di situazioni per aiutare i lavoratori a imparare ad imparare, e talvolta a disimparare.
Credo che il purpose di HR sarà sostenere comunità di lavoro guidate dal ritorno di significato, oltre che da quello economico.
Intervista a cura del Team di Joinrs