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Joinrs con Massimiliano, HR Business Partner in Safilo

Sticker_Emozionata-1  Chi è Joinrs?  

Joinrs è la job board potenziata dall'intelligenza artificiale, progettata per connettere candidati GenZ -studenti universitari e laureati con pochi anni di esperienza lavorativa- con le aziende più compatibili. Grazie alla nostra AI, supportiamo sia i job seeker che i recruiter nell'identificare le migliori opportunità, rendendo il processo di selezione più rapido ed efficiente e riducendo lo sforzo richiesto. Solo le candidature più allineate ai requisiti arrivano ai recruiter, garantendo qualità e precisione.

Oggi, più di 300 aziende ci hanno scelto per potenziare la loro talent attraction, beneficiando anche delle nostre attività mirate all'employer branding, il tutto all'interno della nostra community di quasi 1 milione di utenti. Se sei un’azienda e vuoi saperne di più, clicca qui.

 

  Raccontando il mondo HR  Sticker_Determinata

Per conoscere il mondo Risorse Umane. Per chiacchierare e rubare qualche segreto del mestiere a professionisti che hanno da raccontare. Per lasciarvi ispirare. La raccolta di interviste di Joinrs a chi lavora in ambito HR nasce con questi tre obiettivi: ci auguriamo che nelle loro storie possiate trovare i consigli che cercate e la determinazione per iniziare (o proseguire) nella costruzione dei vostri obiettivi professionali. Oggi è Massimilaino a condividerci il suo percorso e consigli!

 

"Le soft skills sono il cuore del cambiamento: un candidato con problem solving e apertura mentale può portare più innovazione di un esperto che si adagia sulle proprie certezze

Massimiliano Pillinini

HR Business Partner

1) Nel tuo ruolo attuale, come HR Business Partner, quali sono le sfide principali nel lavorare con team in diverse regioni, come il Regno Unito, i Paesi Nordici e l'Europa Centrale e Orientale? Come affronti le differenze culturali e le necessità specifiche di ciascun mercato?

Sicuramente non è facile confrontarsi giornalmente con persone provenienti da paesi così diversi. Naturalmente, il mio approccio deve essere in linea con quelle che sono le policy aziendali globali, ma non posso limitarmi a questo. Seguire mercati diversi vuol dire avere a che fare con sensibilità, approcci al lavoro e valori diversi, che poi si riflettono con estrema pragmaticità nella quotidianità lavorativa.

A livello relazionale, il modo con cui mi approccio non cambia: normalmente sono una persona predisposta all’ascolto e al confronto costruttivo. Tuttavia, in termini di valori, e questo lo vedo sia con i dipendenti che con i candidati, il focus delle persone è diverso. I paesi che hanno situazioni economiche instabili chiederanno maggiori rassicurazioni dal punto di vista economico; invece, nei paesi in cui vi è un benessere più diffuso, si predilige un’azienda rispetto a un’altra in base a quanto quest’ultima sia attenta a temi come sostenibilità (sia sociale che ambientale), inclusività e rispetto dell’equilibrio vita-lavoro.

Passando dal livello valoriale a quello più pratico, dover lavorare con dieci valute diverse rende tutte le mie contrattazioni più complesse, aumentando il rischio di confondere, ad esempio, la sterlina con la lira turca.

A prescindere dalle complicazioni che un cluster così eterogeneo può crearmi, sono grato per l’opportunità concessami che, nonostante le sfide lavorative molto complesse, mi sta regalando molte soddisfazioni personali e professionali, dandomi l’opportunità di vivere tanti e diversi approcci al lavoro e alla vita.

 

2) Come vedi l'importanza del bilanciamento tra hard skills e soft skills nei candidati che selezioni? Quali competenze ritieni siano diventate più importanti negli ultimi anni?

A mio parere, vi sono rarissimi casi in cui si può prescindere dalle soft skills per scegliere un candidato (ad esempio, per un ruolo estremamente tecnico in cui l’expertise è tutto: mi viene in mente un esperto di firmware che deve occuparsi solo di programmazione il 100% del suo tempo).

Ad oggi, per qualsiasi figura professionale, il bilanciamento tra hard e soft skills è fondamentale; le aziende che seguono solo le competenze, magari andando a ricercare solo candidati provenienti dallo stesso mercato in cui operano, rischiano di chiudersi in un loop in cui difficilmente si generano nuove idee.

Partendo da questo presupposto, per me le soft skills, in molti casi, sono più fondamentali delle competenze tecniche. Una persona con uno spiccato problem solving ma senza esperienza può raggiungere una soluzione più creativa e innovativa rispetto a un esperto del settore che si crogiola nelle sue convinzioni consolidate nell’arco di anni.

Dal mio punto di vista, un tema che porta molte aziende a valutare maggiormente le hard rispetto alle soft skills è che è molto più difficile, in fase di colloquio, valutare le seconde rispetto alle prime. Naturalmente, esistono strumenti (test, questionari, ecc.) che possono essere utilizzati per misurare le soft skills, ma necessitano di tempo per la somministrazione e di recruiter con le necessarie competenze per utilizzare questi tool con i candidati. Molto spesso, queste due caratteristiche fondamentali mancano, in parte o completamente.

Concludendo questa riflessione, le soft skills sono fondamentali nell’attuale mondo del lavoro, in cui interconnessione e cooperazione sono elementi chiave della maggior parte delle professioni, ma tutt’ora si tende, per mancanza di tempo e per difficoltà nel valutarle, a limitarsi alle hard skills.

 

3) In Italia, spesso non è comune fare un anno sabbatico, cosa pensi di questo tipo di esperienza? Come credi che potrebbe risultare positivo per i giovani?

Parto dal presupposto che sono estremamente favorevole all’anno sabbatico (anche più d’uno), come dimostra il fatto che, prima e durante il mio percorso di studi, ne ho presi tre.

Richiede una certa dose di apertura mentale e coraggio, soprattutto nel contesto italiano, dove è ancora percepito come “perdere tempo”. Ricordo ancora le parole di un professore del liceo che, dopo aver capito che volevo prendermi del tempo prima di iniziare l’università, mi consigliò di evitarlo, in quanto “il ferro va battuto finché è caldo”.

A posteriori, non condivido minimamente queste parole e consiglio fortemente l’anno sabbatico a chi è indeciso sul da farsi e vuole raccogliere le idee prima di capire cosa fare della propria vita.

Nei progetti di orientamento pre-diploma, uno studente viene a contatto con persone che hanno intrapreso vari percorsi universitari senza però ricevere un minimo accenno ad altri possibili percorsi, tra cui l’anno sabbatico, inteso come un anno, all’estero o in Italia, viaggiando, lavorando, facendo volontariato o altro. I neodiplomati sono spesso costretti a scegliere un percorso universitario in fretta, a volte senza molte possibilità di decidere, a causa delle pressioni dei genitori, dei professori e dei compagni di classe.

In questi casi, fermarsi un attimo (anche per un anno) per capire quale possa essere la propria strada può davvero fare la differenza.

Per certi versi, la riluttanza nei confronti dell’anno sabbatico mi sembra tipicamente italiana, in parte legata all’insicurezza nel mondo del lavoro ma anche all’idea che bisogna sistemarsi il prima possibile nella vita. All’estero, al contrario, è una pratica molto comune.

Per quella che è la mia esperienza, i miei anni sabbatici, trascorsi tra Inghilterra e Australia, lavorando e viaggiando, mi hanno dato maggiore consapevolezza nelle mie capacità, insegnato a confrontarmi con persone di diverse culture e migliorato il mio inglese, tutte qualità che mi permettono di svolgere al meglio il mio attuale lavoro in Safilo.

 

4) Guardando al futuro, quali pensi siano i principali trend nel mondo delle risorse umane e della talent acquisition? Ci sono tecnologie emergenti o approcci innovativi che ritieni abbiano un impatto significativo su come le aziende reclutano e gestiscono i talenti?

Comprendo che sia un tema mainstream di questi tempi, ma sicuramente l’AI sta rivoluzionando tutti i settori industriali, compreso l’HR.

L’ambito specifico in cui attualmente la vedo più integrata è quello del recruiting. Per le grandi aziende che ricevono centinaia di CV per ogni annuncio pubblicato, l’AI è di grande aiuto nella scrematura iniziale, rendendo più efficiente il processo di selezione dei candidati.

Dall’altro lato, grazie all’AI, le piattaforme di annunci riescono a guidare il candidato verso le offerte che si sposano meglio con le sue caratteristiche.

Per quanto riguarda la gestione del personale, nonostante la presenza umana sia vitale in molti ambiti HR, a mio parere, l’AI potrebbe essere estremamente utile nella fase di onboarding del nuovo personale per temi legati alle policy aziendali, alle questioni amministrative, al welfare aziendale, al manuale di condotta e molto altro.

La possibilità di delegare a un’interfaccia artificiale la formazione del neoassunto, con la possibilità di interazione tra i due, consentirebbe di risparmiare tempo e permetterebbe al personale, prima impegnato nella formazione, di dedicarsi ad altre attività.

Per me, che mi occupo di HR, implementare pesantemente l’AI in azienda porterà notevoli vantaggi in termini di efficienza e cost saving. D’altra parte, ruoli attualmente ricoperti da esseri umani diventeranno con il tempo obsoleti, costringendo le aziende a ripensare radicalmente la loro struttura organizzativa, con possibili ridimensionamenti del personale.

 

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Intervista a cura del Team di Joinrs